Con Zaha Hadid scompare il mio mito universitario di architetto, il mio punto di riferimento chiaro e tangibile, di cosa una donna può riuscire a diventare facendo un lavoro da uomo.
Conobbi la sua immagine sulla monografia n.103 di El Croquis, con la copertina famosa che riporto qui a lato, mi colpì molto perché era una donna e sulle riviste di architettura all’epoca non ce n’erano poi tante.

Da studentessa ammiravo molto il suo talento che allora non era ancora così alla ribalta di tutti i magazine ma nelle sue opere giovanili era già presente quello spirito originale che contraddistingue tutti coloro che riescono ad emergere. Zaha Hadid non era soltanto un architetto, era tante cose in più: innanzitutto era una donna ma non era soltanto una donna, era una donna irachena scampata, grazie alle condizioni culturali ed economiche della sua famiglia, a quell’esistenza sottomessa alla quale sono destinate le donne in una terra in cui si pratica l’Islam in condizioni molto poco consone al genere femminile.

Zaha non costruiva soltanto edifici, ma, come soltanto i grandi architetti sanno essere, era una professionista dell’arte con la A maiuscola, a 360 gradi. Le sue opere non erano soltanto case, musei, teatri, ma luoghi emozionali da attraversare, da ammirare, da vivere sperimentando sensazioni di stupore e meraviglia per quello che il genere umano riesce a realizzare. Il suo stile era inconfondibile sia quando progettava immense costruzioni che quando disegnava arredi, scarpe e vestiti. Le sue linee erano austere e dolci allo stesso tempo e quegli spigoli che nei suoi primi progetti erano taglienti come coltelli affilati col tempo si sono smussati e sono diventati curve sinuose e vorticaleggianti.

La lezione di Zaha Hadid

Zaha avrebbe potuto ancora raccontare tanto, ma le opere che ci ha donato fin qui ci accompagneranno per sempre e la lezione che ha dato alle tante donne architetto è stata e sarà d’esempio per chiunque di noi abbia l’aspirazione a fare qualcosa di grandioso facendo questo mestiere. Zaha ha dimostrato che anche una donna può essere ingegnosa e fare capolavori inimmaginabili, esattamente e forse anche più di un uomo: è di Zaha Hadid infatti lo stadio più costoso al mondo.
Ciao Zaha, addio alla mia maestra, nonché eroina, preferita. Di seguito pubblico alcune tra le sue opere che più mi hanno ispirata.

CALIFORNIA RESIDENCE

I render sotto si riferiscono al progetto del 2003, ancora non realizzato, di una villa privata situata a San Diego, in California, una residenza di ben 1200 mq. Si tratta di una struttura scultorea introversa che si dispiega verso l’oceano: una potente dicotomia tra intimità ed esposizione. Un progetto caratterizzato da una tensione formale tra superfici dritte e curve e il gesto dinamico del tetto delinea il confine tra spazio privato e condiviso.

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GUANGZHOU OPERA HOUSE

Finita nel 2010 e situata al centro del sito culturale di sviluppo di Guangzhou, meglio conosciuta come Canton (una cittadina a pochi km da Honk COng nel sud della Cina), è questa GUANGZHOU OPERA HOUSE una sorta di monumento al nuovo millennio, commissionato dagli amministratori della città, che si affaccia sul fiume Pearl. Il suo profilo sagomato, ed il suo design unico fanno da approccio ad una passeggiata che migliora la funzione urbana, apre l’accesso alle aree doganali e crea un nuovo dialogo con la città emergente.

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CITY LIFE – RESIDENZE ZAHA HADID

CityLife è il progetto di riqualificazione della zona ex-Fiera Campionaria, a Milano, firmato dalle “archistar”: Arata Isozaki , Daniel Libeskind e Zaha Hadid. I tre architetti hanno ideato vari complessi residenziali e tre torri che costituiranno il simbolo della nuova Milano, città europea.
Le residenze di Zaha sono state progettate nel 2004; i lavori sono iniziati nel 2007 e si sono conclusi nel 2014. Esse si snodano attraverso sette edifici, diversi uno dall’altro, con altezze da cinque a tredici piani. La struttura all’esterno ricorda quella di una nave da crociera, con i balconi che sembrano ponti che si affacciano, invece che sul mare, su ampissimi parchi verdi. L’uso del legno integra organicamente l’esterno con l’interno in una soluzione di continuità di piani nelle pareti e nei soffitti. Il tipico flusso dinamico di Zaha si spinge fino a caratterizzare gli spazi comuni delle abitazioni definendo il singolo appartamento, dove sono studiati anche gli arredamenti.

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Le immagini presenti nell’articolo sono state estrapolate dal sito di Zaha Hadid.

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ARTICOLO DI MARIA GRAZIA MANCA Copyright ©
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